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la repubblica

A Londra presto in scena "Taboo" un musical scritto da Boy George.

"Taboo" racconta i magici anni ottanta del pop inglese attraverso una storia esplicitamente autobiografica.

Ernesto Assante

LONDRA— Ricordate Boy George, il cantante e leader dei Culture Club, diventato celeberrimo durante gli anni Ottanta con un pugno di brani come "Do you really want to hurt me" o "Karma Chameleon"? Dopo una vita piuttosto difficile, segnata dalla dipendenza dall'eroina, George è tornato, dalla fine degli anni Novanta, ad una nuova vita. Fa il deejay, ha una sua casa discografica, lavora molto ed è soddisfatto e soprattutto nuovamente sicuro di sé. Al punto di sentire la necessità di cimentarsi in un lavoro del tutto nuovo, quello di autore di un musical, Taboo, che andrà in scena a Londra dal 29 gennaio e che viene presentato in questi giorni. Taboo è un musical piuttosto particolare, a cominciare dal teatro in cui viene proposto, il Venue, che teatro proprio non è, ma un club con tanto di pista da discoteca nel cuore del West End. Poi perché prova a raccontare in musica un periodo molto singolare della storia del pop, quello degli anni Ottanta e, in particolare, la scena dei club "underground" londinesi, quella che diede vita al movimento "new romantic".
Nessuno meglio di Boy George poteva raccontare quel fenomeno, mettendo insieme una storia inventata (quella di Billy un giovanotto di Bromley che arriva a Londra per cercare fortuna come fotografo e incontra casualmente Boy George e tutta la sua corte, vive una difficile storia d'amore con Kim, una stilista amica di George, e muore per mano di uno spacciatore), e una storia vera, la sua e quella del "nightclubbing" dei primi anni Ottanta. Tra finzione e realtà è possibile dunque incontrare personaggi inventati ma credibili, e soprattutto piccole grandi star dell'epoca, da Philip Sallon a Steve Strange, da Marilyn a Leigh Bowery. E' soprattutto quest'ultimo, interpretato in maniera eccellente da Matt Lucas, a occupare la scena, sia per carisma (era l'organizzatore del Taboo, il club dal quale è tratto il titolo del musical), sia dal punto di vista "fisico", con i vestiti coloratissimi, i look sempre sorprendenti e eccessivi, la capacità di fare da polo d'attrazione di tutta la scena "new romantic" dell'epoca.
Taboo è un musical in bilico tra revival e memoria, e per fortuna è la seconda a trionfare. Chi si aspetta di ascoltare musica rigorosamente "Eighties" resterà deluso, perché le 16 canzoni scritte da Boy George per lo spettacolo sono tutte nuovissime, sostenute da un eccellente impianto melodico e non concedono nulla alla nostalgia. Solo in due casi, per necessità di racconto, si ascoltano le note di "Fade to grey" di Steve Strange (una deliziosa presa in giro), e quelle di "Do you really want to hurt me", il resto è repertorio nuovo e molto ben scritto.
A interpretare Boy George è un giovanissimo Euan Morton, molto somigliante e soprattutto bravissimo, in grado di dar vita in maniera credibile al personaggio. «Non volevo fare un musical autobiografico», ha detto George, «non mi interessava raccontare la mia storia, piuttosto proporre una cartolina di quel periodo, una sorta di foto di gruppo, nella quale ci fossero anche persone che ho conosciuto ed amato e che con me hanno vissuto quella stagione». Per chi quella stagione l'ha vissuta davvero Taboo apparirà abbastanza edulcorato, gli eccessi, gli scandali, la stessa cultura gay che animava il club londinese e buona parte del movimento "neo romantico" vengono proposti in tono attenuato e familiare. «Ma è proprio per questo che il musical sarà accessibile a un pubblico più vasto», si difende George, «e non solo a chi conosce quella cultura e quei fenomeni». Diretto in maniera non tradizionale da un veterano dei musical inglesi, Christopher Renshaw, Taboo è un tentativo riuscito, anche se non perfetto, di raccontare un personaggio ed una scena pop decisamente singolari, della quale oggi si torna spesso a parlare, in un revival degli anni Ottanta che coinvolge soprattutto i giovanissimi.

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